Conoscere per comprendere : Conferenza al Gioberti sul fenomeno migranti

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La Scuola di italiano di Casa Africa sta diventando ormai una referenza per chi voglia conoscere da vicino il fenomeno dei giovani migranti a Roma.

Preparata in circa tre settimane insieme ad uno dei professori di materie letterarie dell’Istituto alberghiero Gioberti, Roberto Delle Cese, la conferenza aveva lo scopo di avvicinare, in poco più di 2 ore, gli studenti dell’istituto di Trastevere alla realtà delle migrazioni dall’Africa. Nel costruire il filo logico dell’evento si è pensato, da un lato, di porre gli studenti romani di fronte alle storie drammatiche di altri giovani come loro, e dall’altro, di fare luce sul quadro di regole che scandiscono l’accoglienza dei migranti e dei rifugiati in Italia, mostrando come questo non sia affatto un fenomeno incontrollato, per quanto innegabilmente complesso.  Volevamo infatti smontare i tanti pregiudizi che circolano tra i giovani e sui social in tema di migranti, portando nella scuola soprattutto i protagonisti in carne e ossa di questa problematica realtà. Sono state scelte due storie diverse, raccontate proprio dai due ragazzi che le hanno vissute.

Il primo,  che è in Europa da ormai sette anni e ha lavorato in Italia, Germania, Spagna, è Zitta, un giovane della Costa d’Avorio che ha lasciato il suo paese, dove era bracciante agricolo insieme al padre e altri 4 fratelli e sorelle, per cercare lavoro dapprima in altri paesi africani – un po’ come succede ai nostri giovani che si spostano in Europa per lavoro – e poi, nel 2011, una volta in Libia, si è imbarcato verso l’Italia con altri 300 migranti. Poi su una delle navi dell’operazione Mare Nostrum  è approdato a Catania, da lì i in Basilicata, dove, una volta acquisito il permesso di soggiorno per motivi umanitari, ha lavorato a Matera e, successivamente in altri paesi europei. Il suo sogno, oggi: diventare mediatore cultuale per qualche ONG, vista la sua buona conoscenza di lingue africane ed europee.

Poi, a raccontare la sua storia è stata la volta di Mardoché, un ragazzo congolese che a 17 anni si è trovato nel mezzo di una guerra di un’oligarchia sanguinaria. Dopo quattro giorni di violenze e torture insieme alla sorella, è stato salvato dalla morte certa per decapitazione, da uno dei militari coinvolti nella mattanza, che aveva conosciuto in precedenza Mardoché e sapeva la sua totale estraneità a quella implacabile guerra di potere. Lui e la sorella sono stati allora imbarcati con documenti falsi su un aereo e sono arrivati a Roma, dove hanno iniziato il percorso di richiesta di asilo politico e dello status di rifugiato. Ora per le autorità del Congo Mardoché risulta morto, mentre a Roma vorrebbe lavorare nella sicurezza e, da fervente cattolico, divulgare l’insegnamento del Vangelo.

La parola è passata poi ai giovani del Gioberti: Giona, Simone e Asya, che hanno letto frammenti di poesie e di loro racconti, ispirati a una ragazza vittima di tratta e a storie immaginarie di migranti in fuga da povertà e miseria. Significativi anche gli interventi di Gemma Vecchio, presidente di Casa Africa, di Simona Stefanelli, docente  del Gioberti che per 10 anni ha insegnato nella scuola italiana di Adis Abeba in Etiopia e di una sua ex allieva, Regina, di mamma etiope e padre italiano, che ora studia all’università di Tor Vergata e che confessa di sentirsi a volte anche lei un poco discriminata per la sua pelle ambrata.

Gli interventi finali di alcuni dei circa 120 studenti  accalcati nell’Aula magna di uno degli istituti romani più popolosi (conta 2000 studenti) hanno dimostrato che qualche riflessione stava in loro maturando e che il messaggio stava passando: quello per cui la migrazione è un elemento  che sta fortemente incidendo sulla nostra società e che proseguirà ancora per altri decenni. Avvicinarsi ad esso con spirito scevro da pregiudizi e qualunquismo è il primo passo per contribuire a quel processo di conoscenza, indagine, costruzione di processi di crescita e stabilizzazione che solo i prossimi cittadini europei potranno cercare di realizzare, e questo potrà accadere solo se lo faranno mano nella mano con le nuove generazioni africane.

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